Il manuale improbabile di storia dell'arte – Capitolo 6

 

GRAZIE SIGMUND!

Sigmund FreudScusate se vi papirizzo con uno dei miei sproloqui ma non so come manifestare altrimenti tutto il mio entusiasmo per quest'ometto straordinario.
Ho provato a mandargli una mail di approvazione ma lui invece di limitarsi a un breve ringraziamento mi ha risposto con due pagine di psicopatologizzamenti a causa di un mio banale lapsus: per un errore di battitura ho scritto "edipico" anziché "è tipico".
Che poi non mi è dispiaciuta tanto la mail, quanto il fatto che per poterla aprire non è arrivata la richiesta di conferma lettura di outlook ma mi è toccato di rispondere a un test di Rorschach.
Premetto che dirò un certo numero di sciocchezze su Freud, il che non sarebbe una novità. Commetterò senz'altro errori e imprecisioni dovuti alla mia conoscenza superficiale della materia e tale rimarrà mio malgrado, non per disinteresse ma per semplice mancanza di tempo.
Mi piacerebbe approfondire ma credo che in questa vita non ce la farò a leggere tutto quello che mi interessa. Per fortuna sono buona quindi andrò in paradiso.
Come sarebbe a dire: che c'entra?
Non sapete che il paradiso è un'immensa, immane, incommensurabile biblioteca?
E' la raccolta di tutti i libri che mai sono stati scritti in qualsiasi civiltà passata, presente e futura, terrestre ed extraterrestre. Ci sono libri reali e immaginari (anche il Necronomicon del vecchio H.P.Lovecraft) in qualsivoglia lingua viva, morta e inventata.
Ci sono tavolette d'argilla e di cera, pergamene, codici miniati, ideogrammi su fragile carta di riso, incisioni su vetro dei testi araucariani, edizioni tascabili, tazebao, i bizzarri letterlibri di Pragma Beta, un universo parallelo identico al nostro ma nel quale non è mai esistito Gutemberg.
Ovviamente i pragmabetiani non conoscono la stampa, ma poiché sono avidi lettori hanno inventato un sistema alternativo: ritagliano le lettere da fogli formato A3, le rilegano una dopo l'altra a formare parole e frasi così alla fine si trovano un bel letterlibro che si legge sfogliando velocemente le letterpagine.
L'unico problema è che i letterlibri sono piuttosto ingombrati, Via col vento è stivato in un hangar apposta.
In paradiso ci sono tutti i libri di tutti i tempi, anche quelli appena pubblicati si manifestano istantaneamente freschi di stampa e così rimangono in sæcula sæculorum, ossia carta e rilegatura restano perfette anche se vengono letti da diecimila eletti (si fa per dire, non c'è il numero chiuso…).
Perfino le edizioni più orrende, tipo quelle incollate anziché cucite, non si rompono mai.
Non si fa in tempo a desiderare un desiderata che questo compare al banco del bibliotecario angelico.
Le sale sono luminose, calde e confortevoli, ognuno può leggere dove preferisce. Ci sono sedie, poltrone, divani, amache, panchine sotto il salice in riva al fiume, sedie a sdraio di lino bianco sulla spiaggia tropicale, tappeti, letti, cuscini, trespoli… anche gli abitanti di Calder 24bit hanno diritto di leggere comodamente, e visto che somigliano a pappagalli a 16,7 milioni di colori adorano i trespoli.
Tutto questo per i buoni standard, i beati in più hanno a disposizione un serafino per ciascuno che porta loro all'istante qualsiasi testo richiedano (dopo aver compilato l'apposita scheda).
I santi hanno accesso diretto al database, cioè dio, e una tessera sempiterna per tutte le macchinette del caffè. Vi assicuro che è una comodità notevole, ve ne accorgerete quando vi troverete nella sala delle lapidi latine con in tasca centesimi di euro mentre la macchinetta accetta solo sesterzi.
Comunque quando sarò in paradiso potrò finalmente leggere l'opera omnia di Freud. Per ora farò riferimento a voci di corridoio, fidandomi dell'autorevolezza della fonte (la portinaia sa sempre tutto!)
Ho già scritto che Freud in sintesi colloca l'artista non lontano dalla neurosi, ma poi ripensandoci meglio ritiene che forse il comportamento dell'artista sia più simile alla psicosi che alla neurosi.
Io non ho avuto il coraggio di approfondire l'esatta distinzione tra i due termini, per prudenza ho deciso di non indagare e mi limito ad augurarmi che questo sia un miglioramento…
Sembra comunque che la psicoanalisi sia perfettamente in grado di rispondere a domande sulla funzione che occupa l'arte nella vita degli artisti e degli appassionati, tipo: perché uno diventa artista? Perché usa l'arte, la creazione, per risolvere i problemi della propria vita?
Ho detto a Freud: Ma come?!? Razza di superdeterminista, da quello che sostieni sembra che l'arte sia una terapia anziché espressione dell'Umano Spirto, come dimostrano gli artisti nel loro disinteressato e nobile dedicarsi ad essa senza secondi, terzi e quarti fini che non siano la comunicazione del proprio sapere, per amore del progresso…
Non ho potuto continuare a discutere con lui perché rideva come un matto, così ho ripreso la lettura.
La considerazione seguente ha catturato la mia attenzione al punto tale da farmi quasi ignorare le sue derisioni.
Il mio rispettoso e silenzioso libro dice che l'arte non è un mezzo di espressione spontaneo, immediato e naturale dell'umanità. Al contrario, è un modo di esprimersi "assolutamente artificioso, ambiguo e non spontaneo".
E fin qui credo che siamo tutti d'accordo. La mela dipinta dal più monarchico degli iperrealisti non somiglia alla mela reale più di una ruota da bicicletta (citazione duchampiana), siamo soltanto noi che la vediamo uguale ma ovviamente è un'illusione. Nel senso che la mela dipinta esiste, quella reale no… ma non complichiamo le cose.
La frase successiva per me è fantastica.
Dice che le persone normali si sentono raramente spinte a fare uso dell'arte.
Allora ho ragione io! Gli artisti non sono normali, sono pazzi!
Freud sostiene che gli impulsi istintivi dell'artista sono più forti di quelli delle altre persone, l'artista si allontana dalla vita di tutti i giorni e per tutto ciò che la vita non gli concede trova ricompensa in un mondo che lui stesso inventa. E rincara dicendo che proprio questo allontanarsi dalla vita fa dell'artista un "introvertito perpetuamente minacciato" e lo pone così vicino al neurotico.
A questo punto bisogna vedere se il neurotico è d'accordo a stare vicino ad un tipo così rompiscatole e pericoloso come l'artista.
Insomma, la figura dell'artista è stata vista in modi molto diversi nel corso della storia. L'idea di Freud non è certo l'unica possibile, quando si parla d'arte non esiste verità assoluta, quello che a noi sembra immenso e significativo cambia continuamente collocazione.
Prendiamone uno a caso, Leonardo da Vinci. Per me, per noi, è un assoluto. Certi suoi contemporanei dicevano di lui: sì, magnifico pittore, mirabile e celeste… però non finisce una cosa che sia una!
Cioè praticamente vedevano Leonardo come un pasticcione.
Non ho parole, ma ripensandoci qualche pasticcio l'ha fatto anche lui. Noi vediamo le opere, i suoi meravigliosi disegni, i divini sorrisi dei suoi angeli, associamo Leonardo alla Dama dell'ermellino e non all'immagine della battaglia di Anghiari che cola dalla parete.
Voglio dire che l'interpretazione di Freud secondo me non va presa alla lettera, è solo una tra le altre.
Però che soddisfazione sapere che Sigmund Freud è d'accordo con me!

test di Rorschach

 

capitolo 7 – EDI >

 
texts